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Gatti
Categorie
Gatti, Curiosità
A Cura di
Dr. Luca Giansanti

Rubrica
EncicloPet
E’ una malattia virale che colpisce prevalentemente i cuccioli di cane (nei quali è responsabile di gastroenterite o miocardite) e di gatto (nei quali prende il nome di “panleucopenia felina”).
Il salto di specie non è possibile all’uomo, specie non ricettiva, ma può avvenire da cane a gatto e non viceversa, dunque attenzione se avete un gatto non vaccinato e volete inserire un cucciolo di cane.
Si tratta di una patologia temuta da tutti ed in particolare dagli allevatori e dai responsabili di gattili e colonie per due motivi: il primo è l’elevatissima morbilità (facilità di contagio) e mortalità (circa 60-70%), il secondo è la difficoltà di eradicazione. L’agente eziologico responsabile è il Parvovirus (o FPV, chiamato così perché molto piccolo, per l’appunto “parvo” dal latino), un virus ubiquitario e molto resistente (anche ai raggi UV e ai più comuni disinfettanti), tanto che per bonificare le aree contaminate potrebbero non bastare ripetuti lavaggi con candeggina (una delle poche sostanze disinfettanti, ad utilizzo comune, capaci di debellarlo nell’ambiente).


Trasmissione e meccanismo d'azione
Il virus viene escreto tramite feci da animali infetti e tende a resistere nell’ambiente per molto tempo, motivo per cui è tipico il contagio indiretto (ad esempio se pestiamo delle feci infette per strada possiamo portarlo noi in casa al rientro). Il contagio avviene generalmente per via oro-fecale: leccamento di feci infette o oggetti contaminati. Dopo il contatto, il virus rimane in incubazione nei linfonodi della gola per qualche giorno, dopodiché inizia la fase viremica, durante la quale attraverso il circolo sanguigno, raggiunge il midollo osseo e le pareti dell’intestino. Nel midollo il virus attacca le cellule del sistema immunitario causando una diminuzione di tutti i globuli bianchi (“panleucopenia” per l’appunto), che insufficienti daranno adito ad altri virus e batteri di avere la meglio sull’organismo (motivo per cui molti soggetti muoiono a causa di sepsi). Nell’intestino il virus ha la capacità di distruggere i villi intestinali rendendo l’organo incapace di svolgere le sue funzioni.
Sintomatologia
A differenza del parvovirus canino, che si presenta in due forme aventi come bersaglio l’intestino ed il cuore, quello del gatto affligge prevalentemente l’intestino e in rari casi il cervelletto. se trasmesso dalla madre al feto può essere causa di aborto mentre se contratto in fase neonatale generalmente causa nel cucciolo una morte improvvisa o crea gravi danni alle cellule del cervelletto, esitando in problematiche locomotorie talvolta anche non compatibili con la vita nel lungo termine.
Generalmente l’FPV però colpisce i cuccioli dopo le prime quattro settimane di vita (generalmente coperte dagli anticorpi materni) ed è responsabile di una gastroenterite acuta, talvolta fulminante, capace di uccidere i cuccioli anche nell’arco di 2 o 3 giorni. La malattia esordisce con episodi più o meno frequenti di vomito e diarrea, che tendono ad intensificarsi nell’arco di qualche ora. La nausea è responsabile di inappetenza e scialorrea, mentre le predite di liquidi di letargia. Inizia poi a comparire sangue nelle feci che non saranno più morbide o mucose (come le prime scariche), ma totalmente liquide e dall’odore tipico. Nelle prime fasi della malattia la febbre alta può superare i 40°C, per poi diminuire quando le difese immunitarie non saranno più in grado di combattere o quando avranno sconfitto il virus. Tali eventi portano l’organismo in breve tempo a gravi condizioni di ipoglicemia, ipotensione e disidratazione con conseguenze spesso fatali.
Diagnosi
Diciamo che la diagnosi di parvovirosi non è sempre così scontata: è possibile che il virus stia facendo male all’organismo e inducendo i primi sintomi ancor prima di essere facilmente visibile con le comuni e veloci indagini di laboratorio.
Una volta arrivati dal veterinario per escludere o confermare tale patologia bisognerà eseguire indagini diagnostiche: la prima è un test rapido che può esser fatto su campione di feci o tampone rettale, la seconda è un esame del sangue chiamato emocromo.
il test rapido (che si basa su ricerca di antigeni fecali mediante metodo ELISA) dà spesso dei falsi negativi e va ripetuto se la sintomatologia persiste, perché potrebbe positivizzarsi anche a distanza di giorni.
L’emocromo invece ci fa capire in che direzione si muovono i globuli bianchi, ecco perché tale esame viene ripetuto quotidianamente durante la terapia, si tratta dunque non solo di un valido strumento di diagnosi ma anche di monitoraggio dell’avanzamento della patologia e della risposta alla terapia somministrata.
Per avere certezza della presenza del virus bisognerebbe indagare con delle analisi sierologiche specifiche chiamate PCR, per le quali è necessario inviare in laboratorio il sangue (o il siero) dopo l’opportuno prelievo.
E se il mio cucciolo è morto e voglio sapere se è stato il parvovirus?
bisognerà effettuare l’autopsia presto l’istituto zooprofilattico di referenza, il quale attraverso lo studio istologico dei tessuti chiarirà la causa della sua morte.
Terapia
Il problema principale delle gastroenteriti (tutte, ma ancor più di quella causata dal parvovirus) è l’impossibilità di sostentarsi e reidratarsi autonomamente poiché l’intestino perde temporaneamente le sue funzionalità (in primis l’assorbimento). Inoltre trattandosi di un virus non esiste una terapia specifica (se non l’utilizzo di antivirali che comunque da soli non risolvono l’infezione). È dunque necessaria una terapia (a base di antidolorifici, antiemetici, fermenti e astringenti, antibiotici, procinetici, vitaminici etc) volta a contrastare i sintomi e le complicanze di questi (quali alterazioni metaboliche e ed elettrolitiche, compensabili solo con un’accurata fluidoterapia). Ecco perché la gastroenterite virale è quasi sempre destinata alla terapia intensiva. Non tutte le strutture accettano i “parvo-positivi” poiché non dotate di una terapia intensiva con reparto “infettivi”.
Durante il ricovero il paziente è soggetto a quotidiane indagini diagnostiche (emocromo, emogas, ecografia) che hanno il compito di monitorare la risposta dell’organismo alla terapia in atto.
Prevenzione
Attualmente l’unica strategia preventiva valida è la vaccinazione, grazie alla quale sono vistosamente diminuiti i casi di parvovirosi in Italia.
Dopo la quarta settimana di vita gli anticorpi materni assunti con il colostro diminuiscono fino a scomparire nell’arco di qualche giorno. A questo punto sarà possibile vaccinare il cucciolo. Il vaccino per il parvovirus rientra nei cosiddetti “vaccini core”, ovvero quelli fortemente consigliati poiché nei cani vaccinati il virus viene debellato in pochi giorni e a volte in maniera asintomatica, in caso di contatto.
Altra strategia preventiva valida sono le buone norme igienico-sanitarie, ad esempio preservare l’ambiente di casa al rientro da calzature potenzialmente contaminate. Nel momento dell’adozione di un gatto è buona norma sottoporlo ad un periodo di quarantena di almeno 10-15gg (dato il tempo di incubazione del virus) prima di effettuare qualsiasi inserimento o primi interventi vaccinali.
Aspetti Etici e Legali
E’ importante sapere che dopo la guarigione il virus può essere escreto anche fino a 30 giorni, è quindi consigliabile evitare di contaminare gli ambienti pubblici in tale periodo, impedendo soprattutto la socializzazione con soggetti non protetti dalla vaccinazione. Ricordo a tal proposito che è buona norma etica evitare di frequentare luoghi pubblici nel caso in cui si sospetti o siano state diagnosticate malattie infettive (sia gastroenteriche che respiratorie), a tal proposito sarebbe un bel gesto evitare di portare il proprio cane al parco se manifesta tosse, starnuti, vomito o diarrea. Ricordiamoci che il nostro potere è anche e soprattutto la comunicazione, allertare dunque i propri vicini della presenza di virus circolanti è uno dei modi migliori per stimolare norme preventive. Ricordate però di evitare terrorismi psicologici: la conoscenza serve proprio ad essere preparati e consapevoli per sapersi comportare limitando le ansie.
Il parvovirus ha un periodo di incubazione di 3-14 giorni, ma generalmente da quando il soggetto è entrato in contatto con il virus sviluppa i primi sintomi dopo circa una settimana. È importante sapere questo perché un malattia infettiva tanto invalidante e talvolta letale può rappresentare un “vizio redibitorio” qualora il contagio avvenisse prima dell’acquisto in allevamento.
FAQ – Domande e risposte
Il mio gatto ha diarrea è parvovirus? Non è di certo uno sporadico episodio di vomito o di feci molli in un cucciolo a farci pensare al parvovirus: sono molte le cause (infettive e non) per le quali un cucciolo può avere una tale sintomatologia sporadica. A metterci in allerta è la frequenza degli episodi, e la concomitanza dei due, in ogni caso parvovirus o no, qualora le perdite di liquidi siano ingenti non è mai eccesso di zelo recarsi dal veterinario per consentire una diagnosi ed una terapia precoci.
- Quali sono le conseguenze del parvovirus? La forma gastroenterica è in grado di distruggere l’epitelio intestinale lasciando “cicatrici”, più o meno gravi, anche in quei cani che riescono a sconfiggerla, ecco perché molti sopravvissuti rimangono soggetti a problematiche gastroenteriche a vita. Va però specificato che i sopravvissuti saranno immuni a vita e rappresenteranno degli ottimi donatori per ottenere un siero-immune capace di salvare la vita ai futuri contagiati.
- Ho appena preso un gattino posso devo vaccinarlo subito? La socializzazione di un gatto nei primi mesi di vita è comunque importante ma diversa da quella del cane, specialmente se sarà destinato a vivere indoor in solitaria. Ecco perché nel gatto generalmente non si pone il problema del terrorismo psicologico legato al non poterlo mettere a terra o farlo esplorare se non ha ultimato il protocollo vaccinale. In realtà il nocciolo della questione è sempre lo stesso: bisognerebbe impedire contatti con soggetti della stessa specie (e nel caso della panleucopenia felina anche cani) di cui non sia accertata la protezione vaccinale o lo status di salute ottimale. A tal proposito è consigliabile sottoporre il gattino a 10-15giorni di quarantena dall’adozione. Di solito Sono proprio i veterinari a rifiutarsi di vaccinare il gattino appena preso, specialmente se non proveniente da un allevamento, non solo per il parvovirus ma anche a causa dei tanti virus respiratori che affliggono questa specie.
- Quando posso iniziare a vaccinare il gattino per il Parvovirus? con quale vaccino? Il parvovirus è contenuto nel vaccino core trivalente, insieme al virus della rinotracheite e quello della calicivirosi.
I gattini vengono vaccinati intorno all’ottava o nona settimana di vita (come consigliato dalle linee guida europee ESCCAP) ma non esiste un “protocollo vaccinale esatto” senza dosaggio delle immunoglobuline, test che nessuno fa perché più costoso del vaccino stesso e di difficile riuscita nei cuccioli di piccola taglia a quell’età. Ricordo che vaccinare troppo presto il cucciolo sarebbe controproducente poiché il virus presente nel vaccino non andrebbe a stimolare un’immunità da parte del sistema immunitario, bensì ad annullare gli anticorpi materni senza formazione di nuove immunoglobuline, lasciando scoperto il cucciolo nelle settimane successive. - Come faccio a sapere se il mio gatto è protetto dal vaccino? Cucciolo o adulto il vaccino non è mai una semplice puntura: è un atto medico al quale spesso non si dà importanza! Il vaccino stimola e talvolta stressa il sistema immunitario, tanto nel cucciolo quanto nell’adulto e quindi bisogna farlo se necessario o fortemente consigliato (al bisogno). Per capirlo esiste il dosaggio anticorpale: un test che si effettua sul siero (prelievo di sangue da parte del veterinario e invio in laboratorio) e che quantifica le immunoglobuline responsabili della protezione nei confronti del virus. Ma perché pochi proprietari lo propongono e nessuno lo fa? Semplicemente per il costo e per lo scarso valore (sia economico che medico) attribuito al vaccino dai proprietari.
Inoltre nel gatto il prelievo è tendenzialmente più stressante che nel cane quindi si opta per ripetere il vaccino valutando bene che il gioco valga la candela. - Devo ricoverarlo per forza? Voglio riportarlo a casa! Bisogna comprendere che di fronte a malattie così pericolose ci sono delle priorità: anche il veterinario vorrebbe veder guarire ogni animale nel suo ambiente domestico e fra le braccia del suo proprietario, ma spesso questa cosa è molto rischiosa, dunque è preferibile sfruttare i benefici della fluidoterapia endovenosa (di gran lunga più funzionale delle terapia orali e sottocutanee) onde evitare di non aver il rimorso di non aver fatto tutto il possibile qualora le terapia casalinghe non dovessero bastare. Ricoverare un cane significa affidarsi alle cure di professionisti e aumentare notevolmente la percentuale di riuscita del protocollo terapeutico, quindi la guarigione.
- Il mio gatto è morto di a causa della Panleucopenia, quando posso reinserire un nuovo gattino? Come già detto il virus persiste nell’ambiente ed è resistente a molti disinfettanti e ai raggi UV, quindi l’errore più comune e grave è quello di reinserire un nuovo soggetto all’interno dell’ambiente contaminato. Non esiste un tempo definito perché il virus può persistere per anni, il consiglio è dunque lasciar passare qualche mese pulendo ricorrentemente tutti gli ambienti con candeggina (diluizione 1:30)
Ma tutte queste malattie sono veicolate solo dalle zecche o anche dalle pulci? Generalmente le pulci non veicolano malattie infettive con la stessa facilità delle zecche, il loro morso è molto pruriginoso e induce una reazione di ipersensibilità caratterizzata da un rossore localizzato nella sede del morso. La dermatite scaturita dal morso di pulce è definita DAP, è molto diffusa ma una volta estinta la causa e alleviato il sintomo, nella maggior parte dei casi, non si hanno conseguenze legate alla trasmissione di malattie infettive; che tuttavia è possibile e legata alla presenza di patogeni come Micoplasmi, Coxiella, Bartonella, Rickettsie e Versinia pestis. Ricordate inoltre che i randagi infestati da pulci (così come abbiamo visto per le zecche) possono andare incontro ad anemia anche grave, specialmente se di piccola taglia.
Come si rimuove una zecca? E’ possibile rimuoverla tramite l’utilizzo di apposite pinzette facilmente reperibili in commercio (si possono anche usare delle normali pinzette per sopracciglia, che però rendono l’operazione leggermente più complicata). Per farlo, bisogna far presa sulla testa della zecca, restando il più. Possibile adesi alla cute, anche a costo di pizzicarla un pochino (proprio come fanno gli estetisti con i peli). basta tirare verso l’alto il parassita, evitando di ruotarlo, cercando di non lasciare il rostro (apparato buccale) nel sottocute del cane: Importante poi è non schiacciare il corpo della zecca, perché ciò causerebbe il pericoloso “rigurgito” all’interno del corpo del cane, con annessa probabile infestazione. Il rigurgito è stimolato anche dall’uso di alcool o di altri liquidi, che bisognerebbe quindi evitare di utilizzare.
- “Ho tolto una zecca ma credo sia rimasto un pezzo della testa o del rostro attaccato o nel sottocute”.
In questo caso non preoccuparti, togli con le pinzette quello che riesci a togliere e disinfetta con un po’ di betadine o di clorexidina al 4%, magari sfregando un pochino per ammorbidire la zona e permettere la fuoriuscita del residuo. Nel momento in cui non riesci ad estrarlo ci penserà autonomamente la reazione immunitaria, che tenderà ad incapsulare il corpo estraneo (formazione di un piccolo granuloma) e a fistolizzare verso l’esterno per espellerlo.
Si, si tratta di una piccola infezione ma mai rilevante. L’utilizzo di pomate cortisoniche in questi caso rallenta la reazione immunitaria quindi diminuisce la formazione del pomfo e potrebbe anche essere controproducente, quindi a meno che la zona non sia particolarmente pruriginosa ed induca il tuo pet all’autotraumatismo (leccamento e grattamento) evitane l’applicazione. È possibile che il mio pat abbia una zecca o le pulci nonostante l’antiparassitario? Nonostante corretto protocollo antiparassitario, può capitare di trovare comunque una zecca o delle pulci sul nostro amico peloso. Questo avviene in primis perché negli ultimi anni alcuni parassiti stanno sviluppando resistenza ai più comuni principi attivi. Esistono altre cause per cui possa esserci la persistenza di pulci o zecche: Si è utilizzato un protocollo inadeguato (principi attivi poco funzionanti o solamente repellenti, generalmente meno capaci di debellare le infestioni, e diversi dagli antiparassitari); Eventi atmosferici (come la pioggia), bagni in toeletta, al mare o tuffi in laghi fiumi e pozzanghere possono alterare l’efficacia del protocollo specialmente se a 2-3 giorni dall’applicazione dell’antiparassitario; Antiparassitari scaduti o conservati male (in ogni caso bisognerebbe notificare al venditore e alla casa farmaceutica l’inefficacia del farmaco).
- Una zecca ha morso il mio pet, che controlli devo fare? Non c’è bisogno di allarmarsi dopo il riscontro di una zecca. È importante però mettere al corrente il proprio veterinario di fiducia al fine di permettergli di correlare eventuali sintomi futuri a tale evento e non prendere sottogamba dei sintomi generalmente aspecifici ma che possono essere indotti dalle suddette malattie da zecche. Generalmente oltre all’esame clinico (attraverso il quale il vet può riscontrare i sintomi già citati) l’indagine diagnostica più appropriata è l’emocromo (esame emocromocitometrico), che generalmente viene proposto per capire la reazione del sistema immunitario all’infezione e soprattutto la gravità dell’anemia. È possibile che passino mesi dal morso prima della comparsa di sintomi, ecco perché molti veterinari consigliano un controllo clinico ed un emocromo con lettura dello striscio ematico per lettura del parassita a distanza di 1 mese e 3 mesi dall’evento.